Il corrimano


Il palazzo in cui abito da quasi trenta anni è vecchiotto, non esattamente antico, un po’ tra il lusco ed il brusco, come era solito affermare mio padre allo spuntar del sole nella pineta di Santa Severa dove eravamo soliti accamparci nel mese di Luglio di fianco al mitico Castello, affermazione dubitativa, per dire come era l’andamento del vento e del mare per quel giorno.

Il palazzo la cui costruzione può essere datata tra fine settecento, primi ottocento quindi tra il lusco ed il brusco, sul davanti ostenta una facciata con tentativi architettonici memori della illustre casata; soprattutto sul portale con rosette di cui una andata irrimediabilmente perduta . Si erge per quattro piani tinto con un bel rosso pompeiano che la sera si incendia come fuoco vivo..

Poi…una magagna, una ferita irreparabile che coinvolse il secondo piano : lo scoppio di una bombola a gas senza né morti, né feriti…solo il palazzo ebbe la terribile menomazione permanente di una pezza di color viola a testimonianza di un imbianchino stolto e daltonico.

L’ultimo piano ospitava gli aristocratici, piano esteso per tutta l’ampiezza del palazzo , il corridoio che correva nel mezzo, com’era uso costruire in quei tempi, con le camere tutte sulla destra o viceversa, per via dell’esposizione solare,in questo caso, conteneva una doppia fila di camere alle quali il corridoio faceva da intermezzo ornamentale con le sue alte nicchie dalle quali si affacciavano busti marmorei di imperatori romani: note le visite di scolaresche ed appassionati del genere fino a che fu possibile, fino a che i busti originali, finiti chissà dove furono sostituiti con calchi in gesso.

Lassù, circa, quaranta anni or sono , viveva “ Madame Pompidou”: un nomignolo che, per tradizione popolare, era tutta una premessa e promessa di insoliti eventi …in realtà, battezzata, comunicata e cresimata : Angelica.

Di nome e di fatto , donna che sfiorava la quarantina dolce e sottomessa sopratutto a suo fratello donnaiolo impenitente a cui tutto era scusato perché lei era in realtà alquanto inguardabile e Mario ne approfittava per tenerla in casa come una domestica.

Morto per un infarto il tapino, Angelica si trovò sola nella grande casa dove, di notte , sentiva le voci sussurranti dei suoi genitori…In realtà non aveva alcuno a cui confidare i suoi stati d’animo che la facevano piangere lacrime irrefrenabili, eccetto una zia mezza scema che abitava dall’altra parte del palazzo.

Madame Pompidou non era di belle fattezze solo un sorriso, poco usato, bianco, perfetto e solare. Amava mirarsi e rimirarsi negli specchi del corridoio, unico svago…in ricordo di una fanciullina che tutti avevano ammirato fino alla pubertà, quella pubertà che. per lei, confermò il detto popolare: “ bella in fasce, brutta in piazza”

Dimentica delle sue nuove proporzioni: alta e noccioluta priva di seno e di una qualsivoglia protuberanza femminile, si adornava in modo incommentabile Adorava i tacchi a spillo ed i cappelli eccentrici che la portavano a vette di circa due metri se sul cappello svolazzavano piume di uccelli.

Lassù, nelle stanze della servitù, abitava sua zia Annetta alla cui abitazione misera si accedeva per una piccola discesa che slargava in un cortiletto: lì le stalle, i vari tinelli per le botti, gli orci per l’olio, tinelli per i finimenti degli animali.

Angelica si addentrava, con fare furtivo al calar del sole, nel cortile , al braccio un saccone pieno di biancheria da lavare…ansante si aggrappava al corrimano di legno per rimettere in asse i tacchi degli stivaletti sui scalini sconnessi di peperino ed issarsi fino all’ultimo piano quello di Annetta, che era scema e schietta!

“Inutile che cerchi di non far rumore…ti sentono anche i sorci! Dammi quel sacco che ne ho di cose da fare!” Le strappava il sacco dalle mani che avevano le unghie scarlatte e…” Ma guarda come ti conci! Il rossetto poi…quello non lo avevo ancora visto…ti sposi?”

Annetta era crudele perché il destino non le aveva risparmiato neanche la dote dell’intelligenza: ormai vedova di un uomo insignificante, senza figli, trascinava la sua vita tra le chiacchiere inutili dei cortili: dipendeva ormai da Madame Pompidou alla quale faceva da domestica in cambio del misero alloggio.

Angelica ebbe un moto di orgoglio che non era suo…

“ Son cambiate le sorti Annetta cara…quando a tuo fratello ero come una schiava …ricordi il vignarolo? Giovanni! Quello grande e grosso che mi mancava il fiato solo a sentirne la voce nell’androne… Era più alto di me, mi guardava come si guarda una cosa bella ..”

“Giovanni il vignarolo ?…ma allora la scema sei te! Capirai…un vignarolo…ti guardava si! Gli portavi una dote da niente! Ti sei bevuta il cervello? “

“Era più alto di me anche con i tacchi e mi guardava!”

“C’era poco da guardare”, continuava Annetta asciutta e consapevole…lei, che un marito lo aveva avuto, lei che tonta ,tonta qualche curva se l’era ritrovata.” Non fammi perder tempo che ho la messa!” Cercò di liberarsi di Angelica.

“Lo sai che tutte le notti sento sussurrare mamma e papà ?”

“Che dici?”

“ La verità! Da quando è morto Mario sento i nostri genitori, la loro voce chiara e netta, la loro voce che sussurra…”

Annetta si fece più attenta e, nell’espressione del viso, era una… tornata normale!

“Parlano di testamenti? Di lasciti anche a parenti?

“No! Mi sussurrano di giocare…”

“Ancora! Alla tua età! Fammi il piacere! Ho la messa tra poco!” Infilò lo scialle sulle spalle e si affrettò verso l’uscio.

Angelica le sbarrò il passo con una delle sue chilometriche gambe.

“Allora fai finta di non capire…vogliono che giochi i numeri…”

“Madonna della Rotonda! Queste son cose del Diavolo!”

“Diavolo o no io divento matta come te…la sera provo a dormire, dopo un attimo cominciano a sussurrare, non so con chi parlare, dove rivolgermi…vedi come sono ridotta, se ne parlo con te…”

“Tu ci hai la menopausa anticipata e,la mancanza di cosa so io. ti riduce in questo stato!”

“Annetta tu mi devi aiutare. Non so come fare… non so interpretare i sogni…so che esiste un libro adatto a queste cose…magari io ti do’ degli appunti sui sogni e tu vai alla ricevitoria e gli spieghi, son sicura! Loro sapranno darti un numero certo per ogni sussurro!”

Le fece una lunga lista dei suoi sogni.uarda

Annetta si fece coinvolgere per curiosità, anche per necessità avendole Angelica promessa la metà della vincita.

Una settimana dopo il corrimano tornò a cigolare e la faccia di Angelica fece capolino all’uscio di Annetta…al braccio un altro fagotto di panni da lavare…” Allora! Quei numeri li hai giocati?”

Il suo tono di voce era alto a mascherare un’ansia trattenuta.

“Ah! I numeri!” disse Annetta come se ne avesse abbandonato il ricordo…

“Che vuoi dire? Non li hai giocati? Non ti hanno consigliata circa l’interpretazione dei miei sussurri?” Annetta si pose , con tutto il suo metro e sessanta, sotto al mento di Angelica e la guardò fissa negli occhi. “Ho portato la lista per interpretare i tuoi sogni uno, per uno…quella signora e la signorina mi son state ad ascoltare con calma, certo…qui e la qualche domanda tanto per approfondire. Si sono guardate e riguardate … mi hanno dato questo foglietto per te.”.

Angelica aprì il foglio con mano tremante e vide i numeri suggeriti: 112 o 113 …

Il corrimano correva tra le sue mani provocando uno sfregamento così doloroso che Angelica si mise a piangere, le vere prime lacrime , un fiume in piena che straripava dagli occhi a sua insaputa ,dalla lontana, improvvisa morte dei suoi genitori finiti tutti e due con la macchina, sotto il treno Cecchina Roma perché la casellante non aveva chiuso il passaggio a livello.

La tragedia era finita sui giornali ed Angelica credeva di aver rimosso quel ricordo così straordinariamente pesante cosi difficilmente sopportabile … Tra le lacrime che l’accecavano, neanche il corrimano riuscì a sostenere il peso del suo corpo anche per via dei tacchi a spillo…tutto volò in un turbinio ed Angelica si ritrovò in fondo alle scale pesta e dolorante: il cappello di piume spiumato le unghie scarlatte spezzate, il rossetto sbavato, ed i sussurri che davano numeri per conto loro… ed Annetta e tutte le sue repressioni e lo spaventapasseri che era diventata … che solo Giovanni guardava… tutto dietro le spalle scosse da singhiozzi da terremoto.

Sulle sue mani striate di sangue per l’abrasione del corrimano, dal battito da tachicardia… decise in un attimo, per la sua vita futura, quella a cui una conoscente, aveva osato indirizzarla tanti anni prima… : “ Devi trovare un buon psicoterapeuta.”

“ A Settembre torna Giovanni per pulire le botti…” Fu la sentenza dell’anima sua intorno a cui si creò una corazza a difesa del mondo intero.

Fu così che, due anni dopo, Madame Pompidou,guarita dalla depressione e dalle ossessioni divenne la signora Marzi .

Vuole la leggenda che quel matrimonio fu bellissimo perché lo sposo sovrastava la sposa di un palmo e lei sprofondata nel vaporoso tulle, che l’avvolgeva come una nuvola, bella, come il suo sorriso, come il sole d’Aprile, apparisse come una fanciulla, che aspettava il suo principe …Ad ottobre la si vedeva pestare con Giovanni nelle pistarole piene di uva e a Dicembre un accenno di pinguedine sulla pancia di Angelica fece straparlare tutta Albano e contado: era incinta! Anche lei, finalmente, aveva avuto la sua rotondità! .. il solo a saperlo fu il corrimano…e tutta Albano! Sssssssshhhhh!!!!!…

Il corrimano del secondo piano vide la luce abbagliante di un’autentica Inglese, nata a Londra, che a sessanta anni ne dimostrava quaranta! Comprò, l’appartamento del secondo piano, giuliva ed ilare con una risata che , inconfondibilmente, potevi riconoscere dal fondo dell’autobus Albano-Roma, con il quale lei raggiungeva il Bright Scool , dove secondo lei insegnava inglese ad allievi ignari di madrelingua , per quel suo modo di ridere “Inglese” a gola spiegata calcando sulla” a” : non poteva essere che lei! Brenda Isabella Marck, che al suo cognome da signorina, se mai ci sono state signorine in Inghilterra (appena tredicenni abbandonavano , o le famiglie le abbandonavano per il mitico College.. l’Inghilterrra aveva così il record di aborti di tredicenni) ci aggiungeva sempre Skinner, il cognome del suo primo, unico marito per tralasciare quel Marck…così palesemente ebreo!

Il signor Skinner era un bellissimo ragazzo dedito al teatro…Shakespeare. soprattutto a quel “ Be or not tu be…” a cui lei dava tanta noia, perché lui era solito ripeterlo all’infinito guardando la sua espressione nell’unico specchio di casa . Lei era una bella ragazza con le gambe, a suo dire, delle Kesler che piacevano molto agli uomini: una cantante “una singer” come era scritto sul suo passaporto quelle con la voce educata, sebbene io non l’abbia mai sentita cantare, ne’ canticchiare.

La comunione con il giovane Skinner fu il sesso, come accade a tanti giovani amanti che scambiano un orgasmo ben riuscito con l’approvazione di Dio in persona! Addirittura lui la prendeva, all’improvviso, dal dietro , mi confidava, mentre lei rivoltava la frittata…una, due e tre volte Brenda decise che la frittata gli stava sullo stomaco: glielo disse con un a plomb tutto inglese, sperando in un suo rifiuto! Lui era completamente d’accordo per la separazione! Esaurito l’entusiasmo sessuale, immaginai che il signor Skinner si fosse reso conto di aver sposato un’oca con delle belle gambe.

Brenda aveva interessanti osservazioni da fare circa i nostri cantanti. Secondo lei Albano Carrisi non cantava…emetteva uno strillo. La voce di Albano cantante: calda, modulata e naturalmente potente non era “educata”. Un giorno le feci osservare che se fosse stata “educata”, sarebbe stata l’identica voce di centinaia di cantanti educati dallo stesso insegnate!Non mi rispose e ,la cosa, tra noi rimase irrisolta. Brenda era di ventisei anni maggiore ma io ho sempre avuto una intesa con le persone di maggiore età, trovando i coetanei e coetanee, noiose e prive di cultura, Così credevo! Ci credevo davvero! Dopo una doverosa collezione di penose rigidità mentali, penso esattamente il contrario! La mia grande passione è sempre stata la psicologia umana, i movimenti del cuore e del cervello. Abituata a lunghe ore di solitudine e di riflessioni mi facevo delle domande a cui cercavo di dare delle risposte e, davanti alle affermazioni categoriche di Brenda che aveva molti più anni di me, provavo una sorta di meravigliato stupore: come faceva ad essere così straordinariamente certa di un numero così incredibile di cose? Quale fonte di sapienza la rendeva così sicura che essere single fosse la cosa migliore, che un uomo scegliesse decisamente un’amante più giovane, che i figli fossero un intralcio fastidioso per qualsiasi donna con un po’ di cervello,un buon conto in banca fosse la meta da raggiungere per la conquista della felicità. ??? Al timone della sua barca aveva un sestante infallibile per ogni rotta della vita.

Lo credei ciecamente per tre anni poi… non ci fu un’improvvisa illuminazione, ma un lento ricomporre un puzzle a partire dalla sua scioccante rivelazione : si era innamorata di Ted, il suo più caro amico, fino al momento dell’innamoramento… purtroppo aveva saputo che Ted era gay! : “ Senza rimedio, senza rimedio, senza una sola possibilità..!”mi diceva andando avanti ed indietro nel corridoio. “ Ha un compagno, da anni… ed io non sapevo un beato accidenti! Non ci posso credere!”.

Cominciai a chiedermi con che tipo di superficialità, per non dire di sclerosi totale, basasse la sua esistenza: come poteva considerare Ted il suo migliore amico da undici anni e non sapere una cosa del genere: che razza di amici erano? O… cosa intendeva Brenda circa l’amicizia? Un altro spiraglio della sua variegata personalità si aprì fu quando mi confessò di esser andata via da Londra perché i suoi ostacolavano il suo desiderio di continuare a fare la cantante e la ballerina…non proprio una ballerina come la intendiamo oggi, da quel che ne avevo capito si trattava di rappresentazioni sceniche in cui , alle volte, si dovevano indossare costumi molto pesanti. Sua madre Irlandese, suo padre Ebreo ed i suoi tre fratelli erano irremovibili

Lo era anche lei non potendo accettare una vita non scelta.

Tagliò completamente i ponti con la sua famiglia e venne in Italia ospite di un’amica Inglese che lavorava a Cinecittà per Federico Fellini.

“Pensa…neanche un’ora dopo dalla stazione di Roma, ero già a cavalcioni di una lambretta a Villa Borghese!” Faceva tanto “vacanze romane!”.

Tarda di comprendonio, in questi casi, realizzai dopo molti mesi che Brenda era approdata in Italia alla mitica ricerca del maschio-latino|! Quel maschio –latino che, solo Brenda ignorava essendo inglese, non si affidava alla casualità per la cattura della preda ma la puntava: un tam tam che si ripeteva nei bar dai vari giovanotti in cerca “della straniera” di più larghe vedute erotiche visto che , a quei tempi, con le italiane “ non si batteva un chiodo”. Ecco perché c’era una lambretta ad aspettarla per portarla a Villa Borghese dove lei si sentì una vanitosa Diana e non la vittima predestinata dal Latin-Lover di turno!

Comprendere, la quasi sacralità delle sue affermazioni, mi metteva a dura prova, forse mi bloccava quella differenza di età per cui, come mi avevano insegnato i miei genitori, dovevo averne rispetto…Andò avanti così per diciassette anni. Lei, a sessantatre anni mi lasciava le chiavi di casa sua per innaffiare le piante e si recava in Canada dove l’aspettava un dottore con cui consumava due settimane di pieno letto. Tornava giuliva e mi offriva una pizza in trattoria magnificandomi il verde del Canada.

Una sera, circa mezzanotte…ero sfinita per il doppio turno di spazzina ed i grembiuli da stirare. Suonò il campanello. Era Brenda con una gamba ingessata che si reggeva al corrimano.

Un sorriso inglese stampato in viso ed uno stivale in mano.

“ Sorry dear, come vedi sono in difficoltà!”.

Era scivolata davanti ad Duomo di Albano e si era rotta la caviglia. All’ospedale di Ariccia l’avevano ingessata ed era tornata a casa con un taxi. Abitava al piano inferiore al mio e, naturalmente, solo io potevo capirla! In realtà era proprio così!

Le sue amiche inglesi erano solo amiche di chiacchiere telefoniche e lei poco si fidava degli inglesi, non si fidava neanche degli italiani, si fidava solo della regina Elisabetta. Solo in lei era riposta la massima fiducia: lei, solo lei…la regina pensava al popolo, insignita a quel titolo da Dio!

Un giorno di primavera, a casa mia, azzardai al discorso Indiani d’America. “Uffa! Ancora con questi indiani!”.

Con una grossa forbice da sarta riuscii a tagliare l’altro stivale che non voleva saperne di uscire dalla gamba sana. Tornò a casa felice e stanca per la lunga, imprevedibile giornata, non pensava minimamente alla caviglia rotta. “ Hollalla’, son cose che succedono…”.

Fu l’inizio della sua fine.

La gamba sembrò essere tornata a posto, la nostra “amicizia” andò avanti …oltre l’operazione alla vescica eseguita al Regina Apostolorum, dove portavo a Brenda succhi di frutta e biancheria di ricambio.

“ Hollalla’, son cose che capitano…”.

Si informava sugli impressionisti francesi lasciandomi allibita: come era possibile che una insegnante della Scool non sapesse dell’impressionismo?

Non ci frequentammo così assiduamente per qualche anno. Io avevo trentanove anni e lei sessantacinque. Oltre a qualche piccolo favore …allora avevo altro da fare e pensare.

Con molto tatto, tutto inglese, mi accusò di averla lasciata sola, io …che ero la sua unica amica, parlò male di me con la vecchietta del primo piano che, sapendo la realtà del nostro rapporto, salì trascinandosi sul corrimano, ad informarmi dell’evento. Al che, tagliai tutti i ponti…esattamente come lei aveva fatto con la sua famiglia.

Disorientata da un simile atteggiamento, lasciava la porta di casa aperta quando sapeva del mio rientro, come se, quell’uscio aperto , sarebbe occasionalmente servito a rimbastire la situazione.

Non avevo più. nei suoi confronti, quell’atteggiamento di riverenza che mi aveva suggerito la mia educazione ed il parlare dietro le mie spalle fu la goccia che aveva fatto traboccare il mitico vaso.

Ci incontravamo per le scale , me la sbrigavo con un frettoloso saluto anche se intuivo la voragine della sua solitudine.” Essere single non era la cosa migliore? Aver dato alla luce tre figli …faceva di me la più gran stronza del creato, per non parlare della vaga ombra di un conto in banca!”.

Tutto l’universo di Brenda era sospeso, ne acquisii la certezza, in quell’uscio per metà aperto…per metà.

Dieci anni dopo, la cartilagine del ginocchio era completamente partita per aver sforzato, senza terapie, sulla gamba valida. Doveva essere operata al ginocchio con l’aggiunta di una protesi.

Mi fece una pena per quei suoi discorsi sulla disciplina , mentre guardavo la sua faccia pallida e l’abisso in cui si sentiva sospesa…

Single? Beccati il single: sola! Figli? Per deficienti…Gli restava un ridicolo conto in banca che difendeva come tutti gli ebrei che ho conosciuto. Mi sono affidata alla mia personale clemenza per perdonarle il fatto che mi aveva mentito non avendo neanche la seconda elementare ed allo Scool era una semplice assistente, non docente e che dovetti falsificare lì per lì un documento ospedaliero in cui l’avevo diplomata all’istante .

Il coronamento, dopo quattro mesi di assistenza continua, giornaliera. a prezzo irrisorio , fu che mi congedò preferendo la sua amica inglese rigenerata a nuova vita, con un nuovo curriculum, dopo esser stata, per Brenda, un’autentica grande puttana: dopo la morte del marito Cesare, suo unico grande amore, morto di tumore e mai abbastanza rimpianto… ” Se la faceva con l’idraulico, poi con il giardiniere…veramente avrebbe continuato con l’idraulico se non le avesse annunziato le sue imminenti nozze con una coetanea..”.lo diceva tra le lacrime ed il wishy, capisci la pazza? Pensava di tenerselo nel letto a vita uno con vent’anni di meno!” Mi confidava le confidenze della pazza inaspettatamente assurta alle soglie di Pietro…gli aveva trovato una casa di riposo vicino casa sua, con conto corrente presso la sua banca..” lei parla inglese” tentò di scusarsi con me.

Brenda giace in una casa di riposo con tanto di piscina nella quale si dilettano dottori ed infermiere, lontana da qui, per fortuna, dovrebbe avere ottantasette anni… se in vita.

Non interessa al corrimano.

Al primo piano abitava Undemila. Dove avessero scovato questo nome i suoi genitori ed il perché lo avessero affibbiato ad una neonata fu mistero profondo… tuttora irrisolto. I riflettori del palazzo, tuttavia, non erano puntati su di lei o sui due normalissimi figli studiosi ed educati, ma su suo marito Antonio.

Alto, magro, allampanato con vivacissimi occhi chiari puntigliosi nell’osservarti, come era puntiglioso il suo chiudere a tripla mandata la porta di casa mentre avrebbe potuto accedere alle sei regolari della serratura…accarezzava il corrimano di legno come si liscia il pelo di un gatto, specialmente se la notte era avvenuto qualcosa di “particolare” nel talamo con Undemila: la chiamava “cucciola”al mattino in modo che anche il corrimano, lo zerbino e tutto il palazzo fossero al corrente dell’avvenuto amplesso. Non lo faceva certamente per esibirsi, anzi…era solo costruito così!

Il suo lavoro di postino lo portava qua e là per le vie della città, quando i postini non erano motorizzati e non avevano le montagne di posta da recapitare e mai lavoro fu assegnato a tanta efficacia ed implacabile puntualità ad un qualsiasi altro lavoratore del pianeta. Ligio ma non cerimonioso sapeva entrare con prudenza ed eleganza nel mondo privato delle sue pecorelle. Affidavano gli angoli più suggestivi della loro anima, perché condividevano con le missive, le aspettative, tutto o quasi, il loro cuore a quel poeta vestito da postino…il suo vecchio borsone di cuoio chiaro, sformato e macchiato era una cornucopia da dove lui estraeva come dal cilindro di un prestidigitatore, l’attesa lettera Inps!

Non la mostrava subito…suonava due tocchetti secchi di campanello ( il postino suona sempre due volte) o, in mancanza, due batter di nocche ossute, il che gli riusciva a meraviglia. Sorridendo ascoltava punto e virgola delle vicissitudini della sua pecorella e, quando questa stava per scivolare nel pessimismo del racconto, si pregustava il suo personale contribuito per farle proseguire una giornata felice: hop-lààà, tirava fuori la lettera Inps e la poneva ben dritta sotto gli occhi della destinataria che difficilmente riusciva a credere a quel miracolo in diretta!

Se la missiva era triste, tipo bolletta dell’Enel, prendeva lo scenario da molto distante, continuava a sorridere.. stoico, agli allegri aneddoti del ragioniere squattrinato di Piano delle Grazie.

La prendeva così alla larga da disquisire sugli affamati ed assetati del Niger…Maria Teresa di Calcutta aveva avuto la sua vocazione dopo aver soccorso una povera vecchia che le formiche stavano mangiando…in Russia si allungava sulla neve e nel gelo, una coda di cento metri per entrare in possesso di una manciata di grano.

Quando il ragioniere era finalmente entrato nello spettro della più profonda tristezza, ad un passo dalle lacrime, Antonio: hop-lààà tirava fuori la bolletta dell’Enel “ che sarà mai una semplice bolletta di fronte a queste calamità!”.

Il Tao mentale di Antonio, anche per Fritjof Capra sarebbe stato una nuova frontiera per la filosofia. La sua personalità così spiritosa ed estroversa in pubblico aveva , per chi lo conosceva intimamente, un inquietante aspetto duale . Egli, quando si lasciava andare “nell’altro Antonio “entrava fisicamente in un altro Universo dove il dinamismo era una mera distribuzione di probabilità affidata al caso e all’umore della giornata: quel giorno era un gruista, era l’omino della gru lassù in alto a toccare il cielo naturalmente aveva fatto un corso specifico, naturalmente era stato promosso ed ora era lassù in quella gabbietta protettiva, piccolo bozzolo nel cielo, stava spostando, per i tapini, laggiù, centinaia di tonnellate di cemento. L’omino della gru non avrebbe voluto scendere ma rimanere lì a contatto con il cielo, con la notte che cadeva… a contare le stelle e veder sorgere il sole del nuovo giorno e rimettersi al lavoro.

Qualche volta, condividendo il corrimano, riuscivo a redarguirlo da quella strana mania facendogli capire che lo avrebbero preso in giro, che non poteva raccontare storie così eclatanti! Era un brav’uomo, un sognatore e, dato il contesto, temevo per lui. Riuscivo a tenerlo a bada per qualche settimana, dopo una solenne lavata di capo, ma ricominciava…

Al mercatino di Albano, da un robivecchi, aveva notato,da lontano, nientemeno che la tromba di Ninì Rosso, famosissimo per “Il silenzio”così suggestivo e struggente per gli ex militari. Antonio era andato deciso verso la tromba, senza ombra di dubbio circa la sua appartenenza…solo Ninì Rosso! La afferrò e appoggiandola al labbro, che naturalmente trovò subito il suo abitacolo nel famoso “callo”che si formava ai trombettisti sul labbro inferiore, soffiò, a suo dire, un formidabile Do di petto! Al che il gestore del banco ammirato gli chiese; “studiato al Conservatorio?”.

Antonio, con lieve noncuranza, ripose la tromba nella sua bella custodia e rivolgendo uno sguardo indulgente e compiaciuto al proprietario: “ “come lo sa?”.

Non c’era verso di tenerlo a bada , solo in presenza di Undemila che capiva istantaneamente la piega che avrebbe preso il suo discorso e lo inceneriva con una sola occhiata…si rimetteva in carreggiata…poi…

Quando faceva il militare, naturalmente capitano, naturalmente assegnato alle operazioni più rischiose, naturalmente all’epoca delle Brigate Rosse. Che faceva Antonio?

Lo chiamarono improvvisamente, di notte: c’era stato un agguato ed un alto funzionario dello Stato era prigioniero della Setta.

Dal suo ufficio personale, in un battibaleno, organizzò il piano. I commilitoni, tutti ai suoi ordini erano pronti a vendere cara la pelle …Sul luogo del misfatto c’era ancora l’auto blu con le portiere aperte: dove lo avranno portato? Fu la geniale domanda che gli formulava il cervello. Guardandosi intorno si accorse di un viottolo seminascosto dalla vegetazione…naturalmente per di lì!

Fece un cenno ai suoi uomini che capirono all’istante: silenzio e avanti! Sparpagliati, dopo un altro cenno, si trovarono a tu per tu con i Brigatisti che tenevano per le braccia l’alto funzionario.

“Alt!” Gridò Antonio…una sventagliata di mitra fu la risposta.

Si gettò a terra, intimando ai suoi uomini di restare nelle loro postazioni, carponi…strisciando, facendo leva sui gomiti si portò alle spalle del capo che teneva il prigioniero e…come un felino gli piombò alle spalle, naturalmente liberò il prigioniero di cui non avrebbe mai fatto il nome, che comunque gli fu sempre grato.

Di quella vicissitudine conserva il ricordo indelebile sulla coscia destra, dove il brigatista lo avrebbe preso di striscio in un ultimo tentativo di fuga.

Undemila mi diceva che quella brutta cicatrice se la era procurata cadendo da un albero di fico…una pianta dai rami così fragili!

Dopo il militare, naturalmente decorato , naturalmente rimpianto da tutto il suo staff…venne richiamato nel Corpo Speciale degli Uomini Rana.

Missione?

Naturalmente una ricognizione accurata e dettagliatissima sui resti di una nave abbandonata con qualche residuo bellico inesploso…si immerse con i suoi uomini al seguito pinneggiando all’interno dello scafo abbandonato, a lui sembrava di esplorare il Titanic: naturalmente impossibile tale esplorazione dal momento che il relitto poggiava a migliaia di metri sotto il livello del mare. Raggiungibile solo con mezzi sofisticati non in dotazione al corpo speciale degli uomini Rana..

Nella Elisabeth , il nome si leggeva a malapena: non si leggeva altro, naturalmente incrostazioni di dieci lustri avevano invaso ogni territorio accessibile.

Non era sua abitudine lasciare le cose a metà, nonostante sapesse perfettamente che la sua riserva d’aria fosse agli sgoccioli si spinse oltre il portello facendosi largo tra le alghe fluttuanti che gli davano un enorme fastidio perché si ammassavano davanti alla maschera da sub… Antonio trovò finalmente la meta agognata. Nella sala comandi dove, naturalmente, ignorò due scheletri che indossavano ancora il cappello: riconobbe solo quello del comandante per le varie stelline che lui classificò all’istante, ma… una cassetta attirò la sua attenzione; di un metro e venti per trenta centimetri munizioni inesplose! Una certezza lampante! Che fare? Respirava a fatica , l’ossigeno al limite…con sforzo sovraumano afferrò la cassetta e…”Dio sa come ho fatto!!”. Raggiunse la somma dell’acqua oceanica. I suoi uomini, trepidanti per la sua sorte, esplosero con un applauso inaudito da orecchie umane!

Due uomini, al suo comando issarono la cassetta metallica, dopo averla debitamente trattata, su di un canotto che fu spinto al largo…Come? Naturalmente sfruttando i vènti: tutti gli uomini rana sono a tu per tu con i vènti: ”che diamine!”.

Come un tuono, simile alla bomba di Hiroshima, esplose la carica al largo, nonostante questo accuratissimo accorgimento anche la loro nave, posta in sicurezza, ebbe un sussulto , un gemito di orrore corse tra l’equipaggio ed Antonio rassicurò il suo amico con le mitiche parole : “ pensa che strage se si fosse avventurato qualcuno che non sapesse di ordigni inesplosi!”.

Naturalmente…altro riconoscimento al Valore Militare.

Undemila mi illustrava come Antonio procedesse con il mare a Torvajanica: si lavava la faccia rabbrividendo al contatto, se ne metteva un po’sullo stomaco: non si sa mai con la digestione…

Si inoltrava fino a che le onde che lambivano le caviglie ma appena le sentiva ai polpacci faceva dietro-front dirigendosi verso la sua sdraio dove c’era ad attenderlo il giornale aperto sulla pagina sportiva.

Amava sua moglie di un amore senza confronti, ad una festa paesana, quelle che si fanno all’aperto, d’estate…sul palco, non a caso per il pubblico maschile, cantava una ragazza fuoriserie per carrozzeria, la voce era abolita dalla visione delle superbe gambe che si agitavano senza motivazione in alternativa alle stecche… al che Antonio, corroborato dalle sue ipotesi personali circa i sentimenti e la bellezza in generale esclamo!:” E che è? In confronto a Undemila!”. L’Organizzazione Mondiale per la salvaguardia delle donne avrebbe dovuto subitamente assumerlo come Presidente Onorario.

Un giorno traslocò, stringendomi calorosamente la mano, avendo preso al balzo una pensione anticipata. Il corrimano ci fu testimone di quanti desolati sospiri rivolgeva alla mia persona: “Il Resto” era poca cosa.

Comprò una casa nella campagna di Lanuvio nella convinzione che solo un orto da coltivare fosse stato il perfetto evolversi della sua esistenza :“ Portami con te! Chiedo asilo politico!”Lo implorai!

Un sorriso sorpreso, di stupore nelle pupille chiare, consumò il nostro addio

Mi piaceva pensarlo sul più poderoso cavallo indiano, con indosso gli abiti rituali, le penne, delle grandi aquile, i segni di guerra a capo di centinaia di tribù e clan e popoli accorsi al suo richiamo, naturalmente, dai quattro angoli degli States che bramava di scontrarsi in una battaglia all’ultimo sangue con quei bianchi dalla lingua biforcuta! Antonio li avrebbe sistemati una volta per sempre quegli assassini!

3 risposte a "Il corrimano"

  1. Il corrimano, sostegno a chi sale e a chi scende, nonché filo conduttore e testimone silenzioso per una scrittrice che tesse ricami di biografie con aghi di gustosa ironia senza perdere in garbo e stile. Storie viste da occhi che sanno cogliere sia il dramma che la commedia. Un altro bel colpo messo a segno, Adelma! (L’ultimo personaggio, Antonio, per me è senz’altro il piu simpatico: probabilmente un artista che sapeva, a modo suo, prendersi cura delle proprie nevrosi!).

    1. Grazie Lorenzo le tue acute osservazioni mi danno la carica: alle volte si cede allo sconforto pensando che, in questo mondo frenetico, ci sia rimasto poco spazio per la lettura e le condivisioni. Menomale non sia così! Grazie!

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